Tema | ARCHITETTURA | Marco Adriano Perletti – 24 Aprile 2019 | RdA21

Trame di narrazione per i Territori dimenticati.

Due volumi affrontano progetti di rigenerazione improntati alla qualità e alla sostenibilità di azioni non solo architettoniche.


«Questo libro si propone di dare voce a quei fili sottili e leggeri che sono i cammini e le ciclabili con le quali possiamo scoprire territori bellissimi e ricchi di arte, storia, gusto, mestieri e tradizioni».

Se volete scoprire come una ciclopista possa diventare uno stimolante strumento di narrazione di un territorio, allora questo libro fa per voi. L’idea è nata nel gruppo di ricerca che ha base al Politecnico di Milano e che dal 2010 lavora al progetto VENTO, la dorsale ciclopedonale che costeggia il fiume Po e attraversa tutta l’Italia settentrionale, da Venezia (VEN) a Torino (TO). VENTO è un esempio di come il progetto di un sistema ciclopedonale possa radicarsi nel territorio che attraversa, diventandone il filo continuo della sua narrazione. Perché «arte design e bellezza dilatano il progetto delle infrastrutture leggere», facendo in modo che queste sottili lingue su cui si muovono biciclette e pedoni diventino la struttura di un racconto.

Le pagine del libro scorrono in modo godibile tra saggi teorici dei curatori ed esempi di progetti e realizzazioni italiane e internazionali che dimostrano concretamente le potenzialità delle ciclopiste. È un viaggio che apre la mente a chi, finora, ha inteso ciclovie e percorsi pedonali come semplici infrastrutture, magari anche di categoria inferiore rispetto alle imperanti strade, autostrade e ferrovie veloci. Nelle tesi esposte riaffiorano studi e posizioni teoriche del passato che vengono incanalate verso un’apologia della lentezza del movimento. In un mondo che è succube del motore e delle auto, «la lentezza lavora come una lente che rende possibile percepire anche le piccole sfumature». Perché il paesaggio percepito mentre si cammina o si va in bicicletta non è pari a quello che si vede guardando dal riquadro di un finestrino di un’auto o di un treno. E più la velocità è alta e meno siamo in grado di relazionarci con l’intorno.
Per questo motivo il progetto di un percorso pedonale o ciclabile racchiude una dimensione narrativa che deve essere interpretata progettualmente. L’invito esplicito rivolto a ogni progettista è di cogliere questa potenzialità che permette di legare un percorso al territorio e alla sua storia. Il progetto di una ciclopista così può salire di grado, da semplice connessione a linea narrativa e percettiva, e assumere il valore di strumento di conoscenza di un luogo geografico, culturale, sociale, riscattandolo magari dall’abbandono o dall’incuria esaltandone alcuni tratti peculiari. In questa prospettiva le ciclopiste diventano occasioni per prendersi cura del territorio e permettere, a chi le userà, di compiere un’esperienza diversa.

I molti esempi progettuali presentati sono raggruppati in tre categorie (a terra; vicino; lontano) e sono la dimostrazione delle poliedriche possibilità del progetto cicloviario verso altri mondi, dall’arte al design, dalla sperimentazione di nuove grammatiche di segni e materiali alle forme di partecipazione che coinvolgano chiunque abbia voglia di aver cura del territorio.

«Riabitare l’Italia è dedicato alle tante donne e uomini, giovani e meno giovani, che in questo momento stanno lavorando sulle montagne e nelle aree interne del nostro paese per costruire progetti di vita capaci di essere al contempo progetti collettivi di futuro».

La capacità di comprendere a fondo un territorio e le condizioni critiche che lo attraversano dipende molto da come lo si osserva. “Riabitare l’Italia” è un progetto corale che nasce nel 2017 a partire dalla voglia d’invertire lo sguardo. I molti saggi raccolti nel volume curato da Antonio De Rossi testimoniano l’idea che oggi si deve avere il coraggio di cambiare il modo di guardare al nostro paese. E l’angolazione proposta porta a descrivere – oggettivamente e scientificamente – il reale della condizione italiana odierna, portando al centro quei luoghi di margine caratterizzati da condizioni periferiche o isolate che spesso non sono considerati con la dovuta attenzione o, semplicemente, sono del tutto dimenticati. Dai territori di montagna al sistema delle valli, dalle catene delle Alpi alla dorsale degli Appennini fino all’entroterra delle isole per esplorare i fenomeni di marginalità, diseguaglianza, disagio sociale e abbandono del patrimonio costruito o del paesaggio.

È un libro denso, un contrappunto stimolante sul caso Italia, che raccoglie 28 saggi a firma di oltre 40 autoriimpegnati principalmente nel mondo della ricerca scientifica universitaria, dall’economia alla sociologia, dall’architettura alle scienze del territorio, dall’antropologia alla geografia. Ne emerge un articolato ventaglio di indagini pluridisciplinari che, come un originale dialogo polifonico a distanza, forma una lettura vasta e complessa. Dalla visione nazionale le varie zoomate scendono nel dettaglio e focalizzano le condizioni di margine spesso lontane dai grandi contesti urbani. Lo scandaglio si ferma e descrive i tratti di un’Italia da riconsiderare, da “riabitare”, formata da quei luoghi dimenticati o fragili che, come ricordato, «ammontano a più dei due terzi dell’intero territorio italiano». Il taglio essenzialmente analitico di gran parte degli studi è affiancato da una serie di cartografie inedite che ne forma il dovuto compendio. Ne vien fuori una rappresentazione in cui si ribaltano le prospettive classiche e le dicotomie sterili e fuorvianti spesso abusate nel passato. Perché impegnarsi a dare un contributo concreto alla comprensione della complessità attuale significa, come sottolinea De Rossi, «constatare che la costruzione di recinti dentro cui rinchiudere le aree interne e marginali italiane ha contribuito per lungo tempo alla loro estromissione e segregazione dal mainstream nazionale».

L’ultima parte del volume (“Progetti e politiche”) si concentra sulle azioni e progettualità da intraprendere per agire nel margine e invertire la rotta. Muovendo dall’importante esperienza della “Strategia nazionale per le aree interne” (SNAI), i cui esiti sono ripresi e commentati in vari saggi, vengono illustrate possibili prospettive di rigenerazione e riabilitazione. Gli argomenti spaziano fra vari temi: il ruolo centrale della scuola e dell’istruzione come presidio culturale e aggregativo delle comunità; la cittadinanza attiva e la partecipazione per il coinvolgimento dei soggetti presenti nei territori di margine verso una prospettiva di co-progettazione; le strategie di rivitalizzazione dei contesti alpini e appenninici anche attraverso forme di green economy che coinvolgano il patrimonio boschivo nazionale (12 milioni di ettari) verso modelli di azione innovativi e sostenibili; la valorizzazione energetica dei territori che allontanino le dimenticanze del passato e portino verso uno sviluppo eco-compatibile; i progetti di rigenerazione architettonica e sociale di antichi borghi dimenticati attraverso una nuova visione della cultura progettuale.

Non manca il riferimento a progetti e strategie azzeccate che hanno trovato attuazioni concrete negli anni recenti – da Ostana (Cuneo) a Santo Stefano di Sessanio (L’Aquila), da Favara (Agrigento) alla Val Bregaglia (Sondrio) – , come anche la citazione d’importanti manifestazioni – dalla Rassegna Architetti Arco Alpinoall’Arcipelago Italia presentato nel Padiglione Italia curato da Mario Cucinella per la 16. Biennale di Architettura a Venezia – che hanno dato attenzione e testimonianza alle potenzialità di rinascita dei luoghi marginali. E nella ricchezza dei singoli casi s’intravvedono molte possibili direzioni che, anche se operate in azioni puntuali, non devono mai mancare della capacità di ragionare e progettare con sguardo sistemico.