In occasione della Giornata internazionale della Donna, il GdL Pari Opportunità propone un focus sulle disuguaglianze di genere e in particolare sulle differenze reddituali tra i due sessi, a partire dall’ultimo rapporto Inarcassa in cifre. Quest’ultimo ha analizzato i dati degli Ingegneri e Architetti liberi professionisti iscritti alla Cassa, aggiornando al 2022 le statistiche su iscritti e pensionati e al 2021 le statistiche sui relativi redditi e volumi d’affari. (il rapporto completo è scaricabile qui).

Per quanto riguarda l’evoluzione delle iscrizioni degli architetti ad Inarcassa nel periodo 2000-2022, i dati illustrano come il numero totale dei professionisti sia complessivamente quasi raddoppiato e, parallelamente, sia aumentato il numero delle donne iscritte che passa dal 29,1% (anno 2000) al 40,3% (anno 2022).

Nella valutazione della composizione percentuale per genere ed età si evince che, nella fascia di età fino ai 30 anni, le iscritte siano più numerose dei colleghi (59,6% contro 40,4%); le donne sono sempre più numerose degli uomini fino all’età di 40 anni quando i dati si equivalgono (50% e 50%). Nelle fasce di età più mature, invece, sono gradualmente più presenti professionisti di sesso maschile rispetto alle colleghe.

Focalizzando i dati relativi alla differenza di reddito tra architetti e architette (iscritti attivi) la situazione che si palesa è impietosa: se il reddito medio per un architetto è di circa 34.500 euro, per un’architetta è inferiore a 21.000 euro.

Osservando la distribuzione dei redditi divisi per fascia d’età, oltre che per genere, emerge che le professioniste più giovani hanno un reddito medio annuo di circa di 12.800 euro mentre i giovani maschi, nella stessa fascia d’età, hanno un reddito medio annuo di quasi 3.000 euro in più. (circa 15.700 euro).

I redditi medi femminili crescono gradualmente fino a raggiungere il massimo nella fascia 51-55 anni quando le architette dichiarano un reddito medio di poco meno di 24.900 euro mentre gli uomini circa 40.000 euro. Per questi ultimi, il reddito medio massimo è raggiunto nella fascia 56-60 anni, con un valore di circa di 40.900 euro.

Per chiarire meglio le differenze di trattamento, il reddito medio di un’architetta viene raggiunto da un collega uomo ad un’età compresa tra i 30 e i 35 anni. Il reddito medio più alto delle architette, presente nella fascia 51-55 anni, viene raggiunto dai colleghi uomini ad un’età compresa nella fascia 36-40 anni, con ben 15 anni di esperienza in meno!

Per quale motivo si ritiene che un’architetta debba essere pagata meno di un collega maschio? Perché il mondo del lavoro determina che professionalmente la donna valga meno di un uomo?

C’è da sottolineare, inoltre, che la situazione professionale femminile, rispetto a quella dei colleghi maschi, è svantaggiata anche sotto altri punti di vista, come ben evidenziava già circa 10 anni fa una ricerca del CRESME (Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio) in riferimento alle pari opportunità e alla parità di genere in ambito professionale, che fu illustrata nel corso di una giornata che il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori dedicò proprio a questa tematica.

Da quello studio emergeva chiaramente che le donne, ancor prima della questione del divario economico, percepissero la difficoltà di inserirsi nella professione e crearsi un nome sul mercato, probabilmente per via di una certa diffidenza mostrata sia dalla clientela sia dagli altri professionisti. Ma anche quanto fosse complicata la conciliazione degli impegni lavorativi con la gestione della cura familiare, che per stereotipi e luoghi comuni sulla divisione dei ruoli è quasi sempre a carico delle figure femminili.

L’indagine rilevava, inoltre, come le professioniste fossero maggiormente soggette alla disoccupazione rispetto ai maschi e come fossero impiegate in misura molto inferiore, rispetto ai colleghi, nella libera professione. Il 48% delle architette coinvolte nella ricerca del CRESME dichiarò di aver dovuto interrompere la propria attività professionale per un tempo significativo (contro il 24% dei colleghi maschi) e il 67% delle donne che ha dovuto interrompere l’attività professionale lo ha fatto per occuparsi dei figli. I professionisti che hanno interrotto l’attività lavorativa addussero motivazioni legate a problemi personali o alla cura di familiari anziani a carico. Ben oltre l’80% delle architette coinvolte affermò che il periodo di interruzione lavorativa fosse responsabile di un ritardo o avesse ostacolato la propria carriera professionale. Il 45% delle donne dovette, di conseguenza, ridurre le ore di lavoro e il 32% dovette ripensare la distribuzione degli impegni lavorativi. Non c’è da stupirsi, pertanto, che solo il 31% dichiarasse allora di sentirsi realizzata professionalmente, contro il 40% dei colleghi.

Cosa è cambiato in questi 10 anni? Sappiamo per certo che la questione di genere e il gender pay gap sono tematiche ancora attuali e urgenti. Resta molto da fare per colmare il divario economico tra i sessi e promuovere il giusto riconoscimento della figura professionale femminile in architettura.

Buona Giornata internazionale della Donna a tutte e tutti voi.