Tema | CITTÀ | Daniele Campobenedetto – 28 Febbraio 2018 | RdA13

Ricette per le città del futuro.

I volumi RE-USA di Matteo Robiglio e Augmented City di Maurizio Carta propongono, attraverso esempi internazionali, racconti di economie alternative e opportunità oltre la crisi


Che la trasformazione della città esistente sia un tema caldo in Europa non è una novità. A cambiare è forse la prospettiva con cui il dibattito internazionale sta guardando a questa trasformazione: negli ultimi anni una moltitudine di pubblicazioni – dalle edizioni in carta riciclata del NAi con The Flexible City (2016) a Urban Catalyst della berlinese DOM (2013) fino ai film (un bell’esempio è Demain, del 2015, di Cyril Dion e Mélanie Laurent) – sembrano avere come obiettivo lo stimolo dell’azione di cittadini, imprese, associazioni e amministratori nel riuso della città esistenteNel 2017 a questo panorama si sono aggiunti due contributi provenienti da quel mondo a cavallo tra accademia e impegno politico in senso largo che, al di là della iper-pubblicizzata attività di Renzo Piano, da tempo in Italia non faceva sentire la sua voce.

RE-USA, il cayer de voyage americano di Matteo Robiglio, e Augmented Cityla ricetta per la città del futuro dell’ex assessore palermitano Maurizio Carta, esplorano politiche, riqualificazioni di edifici abbandonati e progetti urbani per tentare di restituire ai lettori strumenti di azione concreta per la trasformazione della città. In questo senso, più che essere libri sull’architettura o sulla città, i contributi di Carta e Robiglio esplorano il campo di quella spatial agency che elegge l’impegno attivo degli attori territoriali come motore per fare luogo e riutilizzare il patrimonio della città esistente.

Questo sguardo avviene, come anticipato, da due prospettive differenti. RE-USA apre con una raccolta di venti storie di riuso adattivo d’oltreoceano. Da un ex biscottificio trasformato in sede di Google a Pittsburgh all’agricoltura urbana di Chicago ospitata in una ex fabbrica di scatolame, i casi presentati mettono al centro le economie alternative sfruttate da chi ha saputo leggere nel proprio contesto le opportunità oltre la crisi. Ne nasce sia un racconto che suggerisce i retroscena di processi complessi in cui le forze della creative class o quelle di proattivi makers non sono le uniche in gioco, sia una sorta di cassetta degli attrezzi che raccoglie e riassume gli strumenti utilizzati in queste trasformazioni. Un saggio teorico conclude il libro restituendo lo spessore di una ricerca che non si ferma ai casi presi in considerazione.

Con una prospettiva di larga scala, Augmented City propone invece dieci sfide che le città dovranno affrontare per aumentare il proprio potenziale di catalizzatore di innovazione, ciascuna supportata da una raccolta di esempi internazionali. Così la sfida della creatività è spiegata attraverso esperienze come quella del nuovo quartiere di Lyon Confluence, ma anche dalle attività dell’associazione Libera nel sud Italia, mentre il tema dell’urbanistica open source è introdotto dalle politiche di informazioni londinesi o dai concorsi parigini. Il tutto corredato da un’agenda di sette passi per arrivare alla città aumentata. Questo libro è il debutto sul piano internazionale di un lavoro di ricerca sul protocollo Cityforming che propone un’azione trasformativa per fasi incrementali, già presentato in altre pubblicazioni.

Pur costruendo entrambi le loro argomentazioni su un melange di casi che legano strettamente azioni dal basso e grandi interventi pubblici e privati, Augmented City e RE-USA si propongono come strumenti di culture politiche che i lettori riconosceranno differenti. Carta getta nella mischia un manifesto che sembra adatto per costruire agende di amministrazioni e policy makersmentre Robiglio – avvantaggiato dal terreno più circoscritto dei suoi casi americani – guarda ad una politica dell’azione, proponendo le sue storie come ispiratrici di cittadini e professionisti.

Certo, i puristi della ricerca storica troveranno RE-USA una trattazione forse poco strutturata e i più attenti potranno giudicare presuntuosa l’auto-incoronazione di Carta a trasformatore di paradigmi urbani, ma questi libri costituiscono indubbiamente una bella sorpresa per chi – cittadini engaged, amministratori o semplici curiosi – cerca stimoli per i propri progetti ma anche conforto per i tentativi falliti e nuova linfa per ripartire. Resta qualche dubbio sulla scelta della lingua (l’inglese), forse retaggio di un’estrazione accademica, forse positiva ricerca di un confronto internazionale, forse ostacolo per l’impegno, anche locale, che questi testi sembrano sottendere.