Tema | CITTÀ | Michele Roda, Arianna Panarella, Alessandro Colombo – 11 Aprile 2018 | RdA15
Nuove pagine milanesi.
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Tre recenti libri raccontano Milano: le acque dei navigli sotto l’asfalto delle strade; gli ingressi e gli atri gelosamente protetti dai portoni dei palazzi; appartamenti inaspettati dietro rassicuranti ed eleganti facciate
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Sembra ricorrere un certo gusto per ciò che è nascosto e segreto in una Milano tesa tra le sue tracce e i sempre più evidenti segni di una contemporaneità spesso rumorosa. Sono tre libri recenti che – pur diversissimi nella scala che indagano, nella visione che propongono e nel pubblico a cui si rivolgono – condividono un simile approfondimento delle relazioni multiple tra tradizione e innovazione.
Il testo affronta uno dei grandi refrain del dibattito pubblico cittadino, come la riapertura dei navigli. Lo fa – e qui sta forse uno degli aspetti più rilevanti – unendo gli inevitabili richiami storici con una prospettiva di estrema attualità. Sponsor entusiasta del progetto (con un testo in apertura e con la partecipazione alla presentazione, lo scorso 20 marzo in un affollatissimo Urban Center) è il sindaco Beppe Sala: «Il Comune è pronto a partire con l’obiettivo di una riapertura integrale del tracciato storico della fine dell’Ottocento (oltre 7 km) iniziando con una prima fase che riporterà alla luce 2 km di canali per un costo previsto di 150 milioni e dovrebbero concludersi entro il 2022 approfittando dei cantieri della M4 anche per ridurre i disagi». Su questo orizzonte il corposo volume, curato dai docenti del Politecnico Antonello Boatti e Marco Prusicki, è diviso in 4 capitoli che ospitano 25 testi. Inevitabilmente eterogenei (più da raccolta collettiva che da libro unitario) sono tanto i contenuti quanto il ricco apparato iconografico che spazia dalle mappe storiche alle fotografie contemporanee, dai rendering dei potenziali vecchi-nuovi navigli a schemi specialistici idraulici. Cuore della pubblicazione è il capitolo Progettare i nuovi navigli che propone con planimetrie, sezioni e foto-simulazioni gli impatti della linea d’acqua che dovrebbe interessare il tessuto urbano tra via Melchiorre Gioia e la Darsena. Emerge non solo il fascino di un progetto ambizioso, quanto la fatica e la serietà di un lavoro (“politecnico” come lo definisce Gabriele Pasqui) in cui – sono parole dei curatori – «geologia, idrologia, idraulica, e gli studi sulla mobilità dialogano con il progetto architettonico e urbano che, a sua volta, fa i conti con la stima dei costi e con la valutazione dei benefici effettuata dagli economisti». (Michele Roda)
Il volume indaga un tema interessante e spesso sottovalutato, quello degli ingressi agli edifici. Uno sguardo non banale nella frenetica e veloce Milano che, soprattutto negli ultimi anni, sembra mostrarsi con le sue architetture ma che allo stesso tempo – in un gioco quasi paradossale – prova piacere nel nascondere, dietro pesanti portoni, spazi unici. L’ingresso esprime l’atto di entrare, di varcare una soglia, un “limite ideale”tra la strada e gli spazi privati; e i 144 progetti selezionati da Karl Kolbitz raccontano come possano essere delle vere e proprie opere d’arte. I primi due saggi c’immergono nell’atmosfera milanese e raccontano il fascino di questi ingressi tra architettura, arte e design nel periodo compreso tra 1910 e 1970. Il testo propone poi in maniera analitica prevalentemente foto (due pagine per ogni ingresso, in gran parte a tutta pagina) con ubicazione, anno di realizzazione e nome del progettista. Immagini che raccontano con estrema cura la bellezza di questi spazi, i dettagli preziosi, la raffinatezza dell’esecuzione e la ricercatezza dei materiali: ceramiche, marmi, legni, tappeti e mosaici. A questo proposito uno degli ultimi testi (affidati a studiosi e osservatori, di diversa estrazione) racconta proprio la tradizione italiana per la ceramica. Molti degli ingressi descritti rappresentano infatti proprio la testimonianza del virtuosismo artistico degli architetti e degli artisti di quegli anni nel lavorare la materia. Si tratta di un volumeprevalentemente da guardare per perdersi nelle immagini perfette che dipingono spazi in cui il tempo sembra essersi fermato. Sia di fronte ad opere di grandi nomi come Gio Ponti, Piero Portaluppi, Luigi Caccia Dominioni, sia di professionisti meno noti, emerge prepotentemente la maestria e la capacità di trasformare, con finiture diverse, spazi relativamente piccoli fino a farli diventare magicamente sorprendenti. (Arianna Panarella)
Le piante, i prospetti e le sezioni si stagliano grandi e chiare sulle ampie pagine bianche del bel libro edito da Hoepli. Gli autori, Simona Orsina Pierini e Alessandro Isastia, hanno messo in atto una scelta tanto ovvia quanto innovativa, tale poiché poco praticata ultimamente. Parlando di case, di architettura e di architetti, un libro non dovrebbe far altro che utilizzare nella propria iconografia i mezzi tipici della progettazione e della rappresentazione architettonica, viste ortogonali appunto e secondo la geometria descrittiva. Ma in un mondo dominato dall’immagine e dal rendering trovare una buona pianta, e in grande dimensione, è estremamente raro. I disegni qui sono a piena pagina e, come accadeva alle cartine geografiche a scuola, muti: non una scritta, non una misura a corromperle. Questo, siamo sicuri, per lasciare al lettore esperto, ma anche a quello che voglia diventare tale, il piacere della sfida a comprendere e valutare la bontà della composizione e delle proporzioni, senza suggerimenti e distrazioni di sorta. Abbandonato per un momento l’innamoramento per i disegni, non si può non notare che il volume contiene 80 schede con i progetti di 68 architetti, studiate dagli autori con i propri studenti del Politecnico di Milano, in uno sforzo corale molto ben riuscito e corredato dalle belle foto di Stefano Topuntoli. Si parte con la Ca’ Brutta di Muzio degli anni ’20 e si finisce negli anni ‘70 con l’edificio in San Marco di Magistretti. In mezzo c’è semplicemente tutto, da Terragni a Ponti, da Portaluppi a Lingeri, da Bottoni a Gardella, da Figini e Pollini a Mangiarotti e Morassutti, da Zanusoa Gregotti: ognuno trovi i suoi preferiti. Non manca una doverosa introduzione di Cino Zucchi, gli approfonditi saggi degli autori, una vasta bibliografia di Maurizio Grandi e, per chi non è pratico della città, una mappa con la localizzazione degli edifici. Da ultimo, poiché Milano è internazionale, la traduzione in inglese dei testi. (Alessandro Colombo)